venerdì 7 giugno 2019

Svuota l’armadio


Questa primavera ho festeggiato i miei primi 3 anni di guardaroba capsula. Ho cominciato durante la gravidanza, 3 anni fa, per riuscire a essere presentabile in ufficio senza trovarmi a spendere un patrimonio per gestire una situazione tutto sommato transitoria…avevo già letto diversi articoli ispirati al Project 333 di Courtney Carver (vi consiglio la sua pagina fb Be more with less, altamente motivante per chi cerca una vita meno densa di cose e più di significato). La cosa mi aveva fatto dire “ma va’…impossibile!”…per poi diventare pian piano un “perché no?”

Mi sono messa alla prova e …non solo si può fare ma è molto, molto più divertente e creativo che non fare shopping continuamente! Far quadrare i conti per 3 mesi con un armadio di 33 pezzi (lo ammetto, io di solito ne uso 37…mi piace di più come numero) è stimolante, ti spinge a sfruttare tutto, ma proprio tutto quel che hai, anche con abbinamenti del tutto impensati.

 

Ma uno degli aspetti importanti per me è stato anche diventare più capace di leggermi dentro: capace di capire se quel pezzo che poi mi sono trovata a mettere di malavoglia non mi piace più, o semplicemente non è più adatto al mio stile di vita…o alla mia età (non ho mai avuto le cosce di Kate Moss, ma con l’ingresso negli anta e la gravidanza alle spalle quelle cosciotte sono più molli…e mi chiedono un po’ di pudicizia e gentilezza in più!)

 

Per questo ho imparato a badare a cosa, a fine stagione, non ho mai sfruttato. Se per tre mesi ho fatto a meno della gonna fru fru, forse è arrivato il momento di pensionarla, modificarla o…

Che si fa della gonna frufru che non metti più?

Opzione 1: se vecchiotta e malmessa, e ormai non più amata…la puoi tenere da parte e darla ai negozi che sempre più spesso organizzano campagne di raccolta degli abiti usati. Ad esempio OVS raccoglie ora gli abiti che non amate più, e per ogni sacco di abiti riceverete un buono sconto da 5 euro da usare su una spesa di almeno 40 euro. Se OVS non incontra i vostri gusti, sappiate che periodicamente Kiabi organizza una campagna di raccolta in collaborazione con la onlus Humana, e che anche Intimissimi indice campagne di raccolta per la biancheria intima (a proposito, devo rottamare i reggiseni!)

Opzione 2: se si è abili con ago e filo, si può provare a modificare. Questa è un’opzione valida soprattutto se vi piace il tessuto, la gonna è vissuta ma ancora ‘portabile’ e l’unica cosa che vi fa storcere il naso è la lunghezza, o il fatto che magari sia un po’ larga. Personalmente però valuto sempre quanto ‘il gioco valga la candela’, se la gonna vi piace ma non vi convince fino in fondo, se la modifica sarà costosa e richiede la manodopera di una sarta forse può valere la pena passare all’opzione 3…o 4!

Opzione 3: vendete il capo. Questa è un’ottima opzione soprattutto se: il capo è firmato e può avere una buona rivendibilità, è in buone/ottime condizioni e a voi proprio non piace (o non piace più). In questo caso, personalmente consiglio il mercatino dell’usato: portate i vostri capi e li dimenticate lì, salvo passare di lì a qualche tempo o attendere che vi contattino per comunicarvi la vendita. È bene però mettere in conto che si guadagna poco, sicuramente meno del previsto: chi frequenta i mercatini anche come acquirente sa che i capi lasciati in conto deposito per più di 60 giorni vedono ulteriormente decurtare il proprio prezzo. Quindi quell’abito che a voi è costato 200 euro, arriva a essere messo in vendita a 100, e a voi toccheranno solo 50 euro…ma dopo 60 giorni arriverete a 20 euro…e via dicendo. Se in vendita mettete un abito costato a voi 30 euro, capite che riuscite alla fine dei conti a portare a casa 3 euro è andata ancora bene. Ciò nonostante lo trovo apprezzabile rispetto a tenervi in casa degli abiti che non portate più e che vi rubano spazio, ossigeno e possibilità di riporre meglio gli abiti che davvero amate, portate e volete conservare. La vendita  in particolare è qualcosa che apprezzo molto rispetto ai vestiti di Pannolina. Per lo più gli abiti di Pannolina mi sono già arrivati di seconda o terza mano, ma in alcuni casi sono ancora così in buone condizioni che ci realizzassi pure un euro a capo, li riutilizzerei almeno di arricchire il suo guardaroba per gli anni a venire (col passare del tempo gli abiti delle amichette / cuginette vengono sfruttati più a lungo e arrivano da noi più difficilmente, perché non sono più in ottimo stato)…

Opzione 4: donate! Ai parenti, agli amici se sapete che possono apprezzare (soprattutto per i bimbi i vestiti smessi sono una mano santa per i portafogli, e da tenere in considerazione visto quanto velocemente i piccoli cambiano taglia dei propri vestitini). Ma anche alle associazioni benefiche. A voi torna spazio nell’armadio per far ‘star comodi’ i vestiti che decidete di tenere, e seriamente: quel pantalone che a voi non piace o non dona più può diventare un grande aiuto per qualcuno più in difficoltà. Chiaramente i vestiti devono essere comunque mettibili: ok un piccolo rammendo nascosto, ma voi lo indossereste un pantalone tutto rattoppato? Ed è giusto mettere una persona più povera nella condizione di dire ‘o questa minestra o salto dalla finestra’? siate pietosi, non metteteli in condizione e passate alle opzioni 5 o 6.

Opzione 5: riusate. Quella maglietta macchiata di vostro marito può diventare uno straccio. Il collant smagliato potete tagliuzzarlo e usarlo come spago per legare i pomodori o il sacco dell’immondizia. Se siete bravi con ago e filo, quel jeans sdrucito può diventare tante cose diverse: la sacca porta tappetino da pilates, o anche uno zainetto per il nido per Pannolina. Un cuscino patchwork. Una bustina portapenne. Insomma…se il tessuto è buono e l’abito è solo irrimediabilmente strappato in un altro punto, potete salvare qualcosa dalla discarica e risparmiare voi qualcosa che altrimenti dovreste comperare.

Opzione 6: riciclate. Le parti di tessuto rotte o rovinate possono essere riutilizzate: esistono centri che si occupano del recupero delle fibre tessili. Se avete visto il documentario ‘the true cost’ sapete che l’industria tessile è tra le più impattanti e inquinanti al mondo. Non possiamo permetterci di chiudere gli occhi di fronte a questa realtà. Ne va della nostra salute, e di quella dei nostri figli. Gli abiti, le scarpe non devono prendere mai semplicemente la via del bidone dell’indifferenziata, ma devono essere comunque conferiti negli appositi bidoni gialli.

…in merito all’opzione 6: non è tutto oro quel che luccica. I vostri abiti hanno vissuto a lungo con voi, li avete usati bene, li avete smaltiti correttamente. E nonostante tutto sappiate che potrebbero finire, vostro malgrado, ad alimentare un mercato dove finiranno per essere rivenduti a un prezzo spropositato in Africa, da parte delle associazioni mafiose. Come si esce da questo problema? …comprando meno. Semplicemente. A tutto vantaggio del vostro portafoglio, ma soprattutto a tutto vantaggio dell’inquinamento, dello spreco zero di risorse.

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